Le madeleines rappresentano l'idea che un cibo abbia la capacità neurologica di scatenare un'emozione. In fin dei conti lo abbiamo sempre saputo. Il profumo del ciambellone della mamma rievoca nelle nostre menti le vecchie cucine della nostra infanzia, il dolce forno, il grembiule delle nonne, il camino acceso o la vecchia cartella della scuola.
Sono pennellate fugaci eppure indelebili, capaci di rimanere sepolte nelle coltri della memoria per poi riemergere con tutta la potenza scatenata da...una briciola. Basta infatti un minuscolo atomo di quel cibo a scatenare in noi un'onda anomala di ricordi e sensazioni talmente vividi da sembrare reali. Ripeto, noi lo abbiamo sempre saputo, ma questa supposizione oggi è supportata da una precisa ricerca scientifica contenuta nel libro "Proust era un neuroscienziato" di Lehrer.
Proust, scrittore che con la sua Recherche ha sfidato la pazienza di qualsiasi lettore accanito, dal buio della sua camera aveva intuito una cosa fondamentale: i sensi hanno un ruolo fondamentale nella ricerca di se stessi e delle proprie radici. E lo dimostra proprio il passo dedicato alle famose Madeleines:
"Al mio ritorno a casa, mia madre, vedendomi infreddolito, mi propose di bere, contrariamente alla mia abitudine, una tazza di tè. Dapprima rifiutai, poi, non so perché, cambiai idea. Mandò a prendere uno di quei dolci corti e paffuti che chiamano Petites Madeleines e che sembrano modellati dentro la valva scanalata di una “cappasanta”.
E subito, meccanicamente, oppresso dalla giornata uggiosa e dalla prospettiva di un domani malinconico, mi portai alle labbra un cucchiaino del tè nel quale avevo lasciato che s’ammorbidisse un pezzetto di madeleine. Ma nello stesso istante in cui il liquido al quale erano mischiate le briciole del dolce raggiunse il mio palato, io trasalii, attratto da qualcosa di straordinario che accadeva dentro di me.
Una deliziosa voluttà mi aveva invaso, isolata, staccata da qualsiasi nozione della sua casa. Di colpo mi aveva reso indifferenti le vicissitudini della vita, inoffensivi i suoi disastri, illusoria la sua brevità, agendo nello stesso modo dell’amore, colmandomi di un’essenza preziosa: o meglio, quell’essenza non era dentro di me, io ero quell’essenza. Avevo smesso di sentirmi mediocre, contingente mortale...."
Capite perché adoro le madeleines? Queste piccole conchiglie sono il lasciapassare per l'anima. Una tazza di tè, un buon libro e un pomeriggio uggioso il contorno per tentare di ripercorrere la tenera nostalgia di quello che è stato e che mi ha permesso di essere oggi quella che sono.
Adoro il cibo importante dove per importante intendo semplicemente dotato di un perché. Forse è questo il segreto dell'essere una buona foodblogger. Riuscire a dialogare con un tessuto ancestrale fatto di burro, farina, uova ...riuscire a coglierne il respiro segreto, l'anima silente, e trasmetterla a chi ha la pazienza di sedere un attimo nel silenzio della propria cucina per leggere queste parole.
Proust e il mondo del food...chi l'avrebbe mai detto!
La ricetta che vi propongo è quella classica, quella di Commercy. Ahimè manca la tipica gobba che caratterizza questi profumati dolcetti. Colpa delle mie scarse abilità o forse dello stampo mini chi lo sa😅.
L'impasto come potete vedere è molto semplice, animato semplicemente dall'unione della scorza di limone e dalla vaniglia. Potete mantenere invariato questo mix ravvivandolo con le note speziate dei semi di cardamomo oppure un pizzico di noce moscata e zenzero.
(fonte testo Proust Il Post)
Le Madeleines de Commercy
(ricetta di Chef Bernard)
120 g farina
100 zucchero
100 burro morbido
2 uova intere
1 tuorlo
scorza grattugiata di un limone
1 cucchiaino di essenza di vaniglia
1/2 cucchiaino di lievito in polvere
Imburra e infarina lo stampo per madeleines.
Monta le uova e il tuorlo con lo zucchero.
Aggiungi gli aromi e il burro sciolto nel microonde o a bagnomaria.
Monta leggermente, due o tre minuti al massimo non di più.
Aggiungi il lievito (si, hai letto bene, prima della farina) e unisci in 3 volte tutta la farina. Mescola e metti in frigo per almeno due ore.
Al termine di questo periodo di riposo, metti un cucchiaio circa di composto nei classici stampini a conchiglia.
Cuocete a 190°, forno statico, per circa 13 minuti.